La Via del Colore è il percorso che unisce luoghi e colore nelle illustrazioni di Ettore Tripodi lungo l’asta del Naviglio Grande.
La Battaglia di Magenta
Perché venne combattuta la Battaglia di Magenta?
La battaglia di Magenta è un episodio della seconda guerra d’indipendenza italiana. Fu combattuta il 4 giugno 1859 a Magenta, fra l’Impero austriaco e la Francia. Alla battaglia parteciparono, anche se non direttamente, alcune unità del Regno di Sardegna, alleato della Francia. Fu la prima delle due grandi battaglie, assieme a quella di Solferino e San Martino, che porteranno i franco-piemontesi alla vittoria finale.
Effetto della vittoria alleata fu infatti la liberazione di Milano, uno degli episodi principali del processo di unificazione italiana.
Perché la battaglia avvenne anche a Pontenuovo?
Ponte Nuovo di Magenta è soprattutto noto per la battaglia di Magenta che qui che ebbe luogo nelle sue prime fasi il 4 giugno 1859, durante la Seconda Guerra d’Indipendenza, combattuta tra i piemontesi e i loro alleati francesi contro gli austro-ungarici; fu vinta dai franco-piemontesi e aprì la strada alla conquista della Lombardia.
Nello scontro, svoltosi sul territorio magentino, rimane ancora oggi celebre il momento della traversata del ponte di Pontenuovo da parte dei francesi sotto il fuoco dei proiettili sparati dagli austriaci dalla dogana. Gli edifici adiacenti il Ponte Nuovo ospitavano la dogana austriaca attraverso la quale passava la strada Vercellese che raggiungeva il Ticino, confine tra il Lombardo-Veneto ed il Regno di Sardegna.
Gli austriaci, per ostacolare l’avanzata del nemico, decisero di minare tutti i ponti di passaggio sul canale, riuscendo a far saltare quello di Pontevecchio e di Boffalora sopra Ticino, mentre quello ferroviario e quello di Pontenuovo, per quanti sforzi venissero fatti, rimasero intatti. II Ponte Nuovo rimase cosi l’unico passaggio attraverso il Naviglio Grande con il ponte della ferrovia, posto a sud di quello stradale. Teatro di accaniti scontri dall’esito incerto venne conquistato e perso più volte fino a che i Francesi si attestarono sulla sponda sinistra.
Quale fu il ruolo di Pontenuovo nella giornata del 4 giugno 1859?
Nella fatidica Battaglia di Magenta per conoscere questi avvenimenti ci sono di alcuni scritti tratti da vari rapporti dei comandi militari in campo, nei quali vengono descritte, molto fedelmente, anche le conformazioni dei territori interessati, compresa la piccola frazione di Pontenuovo. La zona circostante e la frazione vengono così” fotografate”: “Il terreno fra il Ticino e il bordo sinistro della vallata, terreno basso, è tutto a praterie, in parte acquitrinoso, e in parte a piccoli boschi molto folti, ed è rigato da fossati, fiancheggiati da cespugli e da alberi. La regione è particolarmente coperta; la vista non può spaziare che raramente al di là di un campo o di una prateria.
Fuori dalle strade i movimenti delle truppe sono estremamente difficili e quasi impossibili. Gli austriaci, per ostacolare l’avanzata del nemico, decisero di minare tutti i ponti di passaggio sul canale, riuscendo a far saltare quello di Pontevecchio e di Boffalora sopra Ticino, mentre quello ferroviario e quello di Pontenuovo, per quanti sforzi venissero fatti, rimasero intatti. Testimonianza di questa epica e, purtroppo, sanguinosa giornata, sono le tracce visibili ancora sull’edificio sulla riva destra delNaviglio a ridosso del ponte.
Quale fu il ruolo della Dogana Austriaca durante la Battaglia?
Attendendo la manovra “a tenaglia” di Mac Mahon da nord, i francesi intanto si diedero all’attacco di Pontenuovo dove però gli austriaci godevano della presenza di una serie di fortificazioni di confine costituite dalla locale dogana e dai bastioni che la circondavano (dove si trovavano tra l’altro 4 pezzi d’artiglieria) e dal fatto di trovarsi leggermente sopraelevati rispetto agli attaccanti.
Intanto, da Abbiategrasso, iniziava ad arrivare il grosso delle truppe austriache per rinforzare l’area della dogana, rendendo la situazione francese sempre più precaria al punto che il capitano della dogana diede ordine di inviare a Vienna un telegramma con l’annuncio dell’avvenuta vittoria della battaglia.[1] I ripetuti attacchi dei francesi lasciarono sul campo un gran numero di caduti: per sette volte il ponte venne conquistato e perduto dai francesi che si risolsero a proseguire con attacchi alla baionetta, pur richiedendo rinforzi a Napoleone III il quale, ad ogni modo, rispose di non disporre uomini a sufficienza per poter sopportare le perdite di quella carneficina.
La Garde Imperiale, fino a quel momento rimasta di riserva, entrò quindi in gioco e riuscì a dare la spallata finale agli austriaci, prendendo possesso delle posizioni. Negli scontri cadde il generale Gustave Clèr il cui corpo, nella confusione della battaglia, cadde in mano nemica e verrà recuperato solo molte ore dopo, spogliato delle armi e dei gradi.
La situazione sembrò volgere al meglio quando anche Mac Mahon giunse sul campo di battaglia, costringendo gli austriaci a ripiegare sull’abitato di Magenta, abbandonando la dogana di Pontenuovo e ripiegando sul cimitero della città, sulla strada per Pontevecchio e sulla linea ferroviaria.
Qual’è la storia della Dogana Austriaca?
La struttura della dogana austriaca che ancora oggi sorge in posizione strategica presso il ponte sul Naviglio Grande, costituì dalla sua fondazione nel 1836 sino al 1859 uno dei punti di passaggio obbligati per quanti volessero valicare il confine tra il Regno Lombardo-Veneto ed il Regno di Sardegna. La struttura era costituita da un complesso di edifici amministrativi e doganali disposti su tre piani che comprendevano anche una caserma propriamente detta, oltre ad una vasta area e circondata da spessi bastioni di difesa che confinavano con l’alzaia del Naviglio; vi era anche un portico per le ispezioni doganali le cui luci sono state chiuse in seguito.
Originariamente, secondo il progetto presentato a Ferdinando I d’Austria, la struttura doveva essere molto più grande, con una struttura ottagonale con cupola e tiburio centrale rialzato dove si trovava l’area per le ispezioni, preceduta da un portico a pilastri con tre arcate sovrastato da un timpano decorato con altorilievi. Questo progetto, per quanto posto in bozza, non venne realizzato probabilmente per mancanza di fondi.
Sul lato opposto si trovavano invece gli edifici residenziali del comandante della dogana e della sua famiglia, oltre alle case degli ufficiali di posto ed alle residenze degli impiegati. Tutte queste strutture si sono conservate praticamente intatte sino ai nostri giorni. Fu questo complesso, dopo la storica Battaglia di Magenta a fornire una delle basi per la creazione del villaggio operaio della fabbrica S.A.F.F.A., i cui edifici vennero rilevati dall’industriale Giacomo de Medici.
Oggi, sulla facciata del portico delle ispezioni doganali, si trova una targa commemorativa degli eventi del 4 giugno 1859 che consacrarono la vittoria dei franco-piemontesi in un punto strategico che permise non solo l’ingresso alla città di Magenta, ma anche il successivo passaggio a Milano, compiendo il primo passo verso l’unità nazionale.
Cos’è La S.A.F.F.A.?
Nel secondo dopoguerra, il borgo di Pontenuovo attraversò un periodo di rinascita che perdurò fino agli anni ’80 del Novecento, con l’intensificarsi dell’attività produttiva dello stabilimento S.A.F.F.A. che continuò a rappresentare il principale elemento trainante della vita della frazione.
Una nuova serie di edifici per gli operai ed i dirigenti dell’azienda, vennero progettati a partire dal 1945 dal cavaliere Temistocle Lazzari, ex podestà di Boffalora sopra Ticino e direttore generale dello stabilimento di Pontenuovo. Le opere sociali volute da questo vennero a creare un quartiere di fatto autosufficiente, dotato di un asilo nido, di una scuola materna, di una scuola elementare e di un istituto professionale, di una mensa per i dipendenti, di un cinema teatro e addirittura di una piccola chiesa, dedicata alla Madonna del Buon Consiglio.
I lavori vennero condotti sotto la direzione dell’architetto milanese Giovanni Muzio e vennero ultimati solo nel 1962. La frazione divenne anche la residenza di Santa Gianna Beretta Molla e del marito Pietro, il quale era dirigente proprio della società S.A.F.F.A. ed abitava presso il borgo.
Quando lo stabilimento S.A.F.F.A. iniziò gradualmente a ridurre la propria attività sino a chiuderla definitivamente (nel 2001), si iniziò anche una graduale opera di vendita dei fabbricati ad essa annessi, come pure vennero intraprese con la curia di Milano le pratiche necessarie per la donazione degli edifici di culto che fino a quel momento erano rimasti di proprietà privata della fabbrica.
La direzione della S.A.F.F.A., che sino a quel momento aveva de facto regolato i rapporti tra gli abitanti locali e l’amministrazione comunale di Magenta, venne sostituita nel 1981 dalla creazione di un comitato cittadino per la promozione degli interessi della frazione.