La Via del Colore è il percorso che unisce luoghi e colore nelle illustrazioni di Ettore Tripodi lungo l’asta del Naviglio Grande.
“Una tinta non convenzionale per tempi non convenzionali.”
Con questa frase Pantone© lancia il “Viva Magenta” come colore dell’anno 2023
— Il fortissimo potenziale comunicativo del color magenta è colto nel 2023 da PANTONE, la maggiore autorità internazionale nel campo della codifica dei colori, che nomina il “VIVA MAGENTA” come colore dell’anno.
E non per caso: dal giorno in cui è stato sintetizzato per la prima volta, il magenta, con la sua natura prorompente, ha influenzato prima il mondo della moda, poi quello dell’arte e della cultura tutta.
Il nome di questo colore porta con sé una storia, profondamente legata al nostro territorio, che lo ha reso ancor più denso di significato: perciò oggi, a distanza di 163 anni, viene scelto ancora una volta per la sua forza immaginifica.
È introdotto così il #magentaverse.
Boffalora sopra Ticino
Una delle antiche strade romane, la Mediolanum Novaria, passava il Ticino al Vadum Tercatinum nei pressi dell’attuale Boffalora.
Qual è la storia dell’antica strada?
L’antica strada, in epoca Viscontea e Sforzesca, era percorsa dai primi Corrieri a cavallo per il trasporto di decreti, dispacci e documenti.
Nel 1545, in epoca spagnola, il Marchese del Vasto, Governatore di Milano, emana le “Istruzioni e Ordini” con le quali estende ai privati l’uso della Posta, appaltandone in regime di monopolio il servizio alla nobile famiglia dei Tasso e nel 1695 il Principe Michele dei Tasso è nominato Corriere Maggiore perpetuo di Sua Maestà Cattolica.
Sulle Strade Regie Postali, con il consolidarsi dei percorsi, vengono stabilite soste a distanze regolari presso le Osterie dotate di alloggio e stallazzo, che prendono il nome di “Stazione di Posta”.
Cos’era la Stazione di Posta?
La Stazione di Posta è il luogo di sosta dei Corrieri postali e delle diligenze per il trasporto di passeggeri, merci e corrispondenza; durante la sosta si sostituiscono i Postiglioni e si effettua il cambio dei cavalli in modo che siano sempre freschi, permettendone così un’elevata andatura.
Cavalli e Postiglioni dopo la cambiatura, e un sufficiente riposo, ritornano “al passo” alla Stazione di partenza; anche Boffalora, per la sua particolare posizione, viene elevata a Stazione di Posta; ne fanno parte l’Osteria Sant’Antonio dei monaci Certosini e l’Osteria Croce Bianca.
Nel Seicento la diligenza diventa il sistema più popolare per viaggiare e i possessori di carrozza propria potevano farlo per “cambiatura” con i cavalli messi a disposizione dalla Stazione di Posta gestita con l’annessa Osteria dal Mastro di Posta, che sovrintendeva a corrieri e cavalieri.
Possedere il titolo di “Mastro di Posta” equivaleva a godere delli medesimi Privilegi, Honori che spettano ad esso ufficio … che li fanno degni di trattare spesso con Principi.
Alcuni di essi hanno giuntato con l Poste le Hosterie … perché con tale occasione hanno non solo l’utile dai cavalli ma anche l’alloggio dei forestieri, e sul vitto che a loro somministrano.
Chi passo per Boffalora?
Un esempio degli “Honori” spettanti al Mastro di Posta si ebbe nel 1775 con l’avviso del passaggio a Boffalora dell’Arciduca d’Austria Massimiliano d’Asburgo, diretto a Versailles; per un disguido giunse in anticipo e l’episodio venne così relazionato: l’Arciduca passò a Boffalora anticipatamente, era in sua compagnia il Ministro della Regina alla Corte di Torino il quale disceso dalla carrozza di Sua Maestà andò all’osteria a prendere un caffè, fui avvisato e lo ritrovai sul Ponte del Naviglio, offrendogli se potevo servirlo di cioccolata o caffè, garbatamente accettò un caffè con latte, dopo un’ora giunse il suo carrozzino da Novara, fece attaccare i cavalli e ripartì per Torino.
Con il passaggio del Novarese sotto il Regno di Sardegna, nel 1735, il Ticino diviene confine di stato e a Boffalora di fronte all’Osteria Sant’Antonio viene collocato l’ufficio della Dogana austriaca.
Da allora il transito di carrozze e diligenze aumenta notevolmente, dando inizio alle prime corse regolari riservate alle classi agiate e ai viaggi di facoltosi stranieri alla scoperta delle bellezze d’Italia: i cosiddetti GRAND TOUR. In una Guida stampata a Londra nel 1774 dal titolo Il portafoglio necessario a tutti quelli che fanno il giro d’Italia, sono descritte, oltre a città, borghi, fiumi e laghi, le informazioni di viaggio e di alloggio nelle migliori Stazioni di Posta, fra le quali anche la Posta di Boffalora.
La parte principale della Stazione di Posta di Boffalora comprendeva l’Albergo con 50 posti letto e l’Osteria Sant’Antonio con due camerieri e due cucinieri, oltre ai servizi di scuderia con trenta cavalli, un addetto alle stalle, otto Postiglioni e svariati garzoni.
La seconda parte era collocata nel fabbricato dei Portici con l’Osteria Croce Bianca e le camere da letto al piano superiore. Sul lato sinistro dei Portici la pesa pubblica e l’ufficio della Finanza per le funzioni di Dazio e Dogana.
La via d’acqua del Naviglio quando venne costruita?
La città di Milano era da poco ricostruita dalle devastanti guerre contro l’Imperatore Federico Barbarossa, quando si pensò di estrarre dal Ticino un canale detto Ticinello, all’inizio impiegato per difesa dalla città di Pavia e in seguito per irrigare campi e prati del milanese; questo, secondo alcuni, avvenne nel 1177, per altri il 5 agosto 1179.
Nel secolo successivo fu prolungato fino a Gaggiano e nel 1257 arrivò alle porte di Milano. Dopo di che si diede opera per migliorarlo, allargando le sponde per un’irrigazione più estesa e abbassando il fondo per renderlo più adatto alla navigazione (1272).
In un documento del 25 febbraio 1377 il Ticinello è chiamato per la prima volta Naviglio Grande e nel 1386 crebbe d’importanza quando Gian Galeazzo Visconti, Duca di Milano, intraprese l’erezione del Duomo, a cui destinò il marmo delle sue cave di Candoglia.
Essendo a quell’epoca già navigabile, lo si utilizzò come via d’acqua per il trasporto del marmo che serviva per la sua costruzione.
A Boffalora era solita una sosta dei conducenti dei barconi, per un bicchiere di vino, poi il trasporto proseguiva fino a Porta Ticinese, e da lì su carri era portato alla Fabbrica del Duomo.
Le acque del Naviglio Grande irrigavano prati, risaie, coltivazioni varie e alimentavano i numerosi opifici: mulini, cartiere e filande.
Come cambiò Boffalora con l’arrivo del Naviglio?
Boffalora da piccolo borgo di poche case crebbe a partire dalla fine del Trecento grazie all’arrivo dei monaci certosini per prendere possesso dei terreni donati da Gian Galeazzo Visconti.
La donazione dei possedimenti, compresi tra Boffalora e Binasco, venne rogata nel Castello di Pavia il 15 aprile 1396 ed era destinata, quale rendita, alla costruzione e mantenimento di un monastero: la Certosa di Santa Maria delle Grazie (Certosa di Pavia).
Contemporaneamente alla fabbrica della Certosa pavese i monaci avviarono anche la costruzione di strutture per la gestione dei luoghi donati: le Grange, comunità agricole dirette da fratelli conversi (laici vincolati agli obblighi della vita religiosa).
La Grangia era costituita da vari fabbricati: alloggi, stalle, porticati, granai, cantine e ampi magazzini che servivano a contenere grandi quantitativi di raccolto e merci di ogni tipo per assicurare il sostentamento dei monaci che risiedeva nella Certosa principale.
Il territorio di Boffalora, grazie al Porto sul Ticino e alla navigazione sul Naviglio Grande, aveva una grande importanza commerciale che favorì la realizzazione di una Grangia; una Cappella per le funzioni religiose era posta al primo piano del fabbricato e nella parte destra prese posto l’Osteria di Sant’Antonio in alternativa all’esistente “Taberna di Boffalora” dei nobili Crivelli, nominata in seguito Osteria della Croce Bianca.
Oggi, della Grangia certosina, si conservano ancora alcuni elementi significativi: un elegante portone bugnato, i camini, lo scalone che porta ai piani superiori illuminato da un finestrone che conserva un’inferriata del Cinquecento, balconcini in ferro battuto, vasche e lavandini scavati in blocchi di granito, colonne granitiche che sorreggono soffitti con volte a crociera.
Cos’è al Barchet di Boffalora?
Dalla seconda metà del Seicento sui Navigli Milanesi transitavano le barche corriere, che erano adibite al trasporto di persone e merci; nel 1645 a Boffalora è documentata la presenza sul Naviglio Grande di un Navetino (barca passeggeri).
Sul Naviglio Grande le stazioni erano a Turbigo, Boffalora, Robecco, Abbiategrasso e Gaggiano. A Boffalora erano attivi quattro Barchetti con otto conducenti ( barcaioli ).
Il più famoso tra questi Barchetti, tramandatoci dalla tradizione, fu senza dubbio quello di Boffalora in quanto fu oggetto di una spassosa commedia in dialetto milanese, scritta dallo scapigliato Cletto Arrighi dal titolo: El Barchett de Boffalora.
La commedia ebbe un grande successo, tanto da evidenziare ogni barca che arrivava a Milano con quella Boffalorese.
La prima fu data nel «suo» Teatro Milanese il 19 novembre 1870, fu un clamoroso fiasco.
Per sei sere “El Barchett de Boffalora” continua a far fiasco tanto che l’Arrighi è sul punto di mandare tutto al diavolo, finché alla fine del mese la commedia cominciò a piacere.
Quattro mesi dopo, 2 aprile 1871, l’autore può felicemente annotare: El Barchett de Boffalora seguita a trionfare e a far entusiasmo. Si apre un nuovo capitolo: benvenuti nel magentaverso.